Fusione Bpm-Banco popolare, finisce l’epoca del mutualismo nel mondo governato dalla finanza globale

Oggi con le deliberazioni delle relative assemblee si fondono la Banca popolare di Milano e il Banco popolare. Nasce così il terzo polo bancario italiano. È presto per dire come sarà la nuova banca: attenta al territorio o alla redditività? Solo per fare una domanda, tra le tante che vengono in mente.

Certo la nuova ragione sociale, la società per azioni, cambia la natura dell’istituto popolare. Peraltro già soggetto da tempo a profonda trasformazione nella sostanza. Ora anche nella forma addio al cooperativismo, al mutualismo, alla centralità del socio (al tanto discusso “una testa, un voto”) che purtroppo negli ultimi anni aveva in parte perduto il ruolo delle origini. Famosa era la similitudine tra i soci e il cd “parco buoi”. Più che assemblee parevano raduni: pullman e pranzi per azionisti di varie classi sociali. Anche questa era la banca cooperativa, il suo modo di essere popolare. Ora tutto sarà in funzione del capitale, legato alle partecipazioni delle Fondazioni e, chissà, forse di altri grandi soci, magari, esteri.

Forse si è persa l’occasione di testimoniare che cooperativo è meglio ma, si sa, la riforma non ha lasciato scampo.

Quando si afferma che solo i grandi istituti possono reggere l’onda d’urto della competizione globale rimango perplesso. Sia perché ho una genetica avversione verso le grandi architetture economico-finanziarie (e politiche) sia poiché chi vuole essere vicino ad un determinato territorio e alla sua gente non deve essere gravato da imponenti sovrastrutture. Per me vale l’equazione: grandi banche uguale a grandi problemi. Spero di sbagliarmi e di non vedere a breve il capitale, che è anche umano, culturale e sociale, della nuova banca in preda alla cosiddetta “grande” finanza globale governata dal mero profitto.