All’inizio del decennio l’indebitamento delle famiglie italiane è cresciuto a ritmi elevati. Forti le preoccupazioni per le capacità delle famiglie, specialmente a basso reddito, di sostenere gli oneri del debito: in particolare, se nel 2006 il debito per i mutui prima casa rappresentava per le famiglie italiane una spesa pari al 17% del reddito disponibile, “tra il 2004 e il 2006 l’incremento più consistente ha riguardato i nuclei familiari appartenenti alla classe di reddito più bassa (campione stimato in 230 mila famiglie) per i quali la rata di mutuo ha raggiunto il 32 per cento del reddito disponibile, una soglia ritenuta critica per l’equilibrio del bilancio familiare”. È quanto ha detto, in audizione presso la Commissione Finanze della Camera dei Deputati, il Capo del Servizio Supervisione intermediari specializzati della Banca d’Italia Roberto Rinaldi nella “Indagine conoscitiva sul credito al consumo”.
In Italia il mercato del credito al consumo, a fine settembre, rappresentava – prosegue l’indagine – finanziamenti complessivi per 110 miliardi di euro, pari al 6 per cento dei crediti erogati dall’intero sistema finanziario italiano.
Rispetto agli altri paesi industrializzati le famiglie italiane hanno una contenuta propensione all’indebitamento ma negli ultimi anni si è registrata una netta crescita del ricorso al credito al consumo: “Il tendenziale aumento nella propensione all’indebitamento delle famiglie italiane e le aggressive politiche di offerta degli intermediari – rileva la Banca d’Italia – sono alla base della sostenuta crescita del mercato del credito al consumo: nell’ultimo quinquennio in Italia lo stock complessivo di finanziamenti della specie è quasi raddoppiato. Rapportato al reddito disponibile, la quota di credito al consumo delle famiglie italiane alla fine del 2008 si attestava al 10 per cento, contro il 6 registrato alla fine del 2003; si tratta di un livello simile alla Germania e leggermente inferiore a Francia e Spagna. La distanza rispetto al Regno Unito e agli Stati Uniti resta ancora significativa, atteso che in tali paesi la quota del credito al consumo sul reddito disponibile era superiore al 25 per cento”.
Ma il credito al consumo in Italia costa più che all’estero. “Il credito al consumo in Italia è una forma di indebitamento più onerosa che all’estero. Il tasso di interesse praticato dalle banche italiane sulle nuove operazioni si attesta attualmente attorno al 10 per cento, più elevato rispetto al dato medio dell’area dell’euro”, rileva l’indagine, che sottolinea come a metà 2009 i tassi di interesse medi praticati dalle banche si posizionano su livelli elevati in tutte le categorie. I tassi più alti si registrano nell’uso di carte di credito revolving, con oltre il 17 per cento, nel credito finalizzato con poco meno del 12 per cento, nei prestiti personali a circa l’11 per cento, nella cessione del quinto con un tasso del 9 per cento che non include le spese per le polizze assicurative.
Per la Banca d’Italia, “è essenziale che gli intermediari forniscano alla clientela una corretta e sostanziale informazione precontrattuale sui rischi connessi alla stipula di contratti il cui onere finanziario può lievitare significativamente in presenza di aumenti dei tassi di interesse”.
PDF: Indagine conoscitiva sul credito al consumo
Tratto da helpconsumatori.it